sabato 2 marzo 2019

Avanzi (non più) avanzati

Prima di avventurarci nell'analisi del sottostante pronunciamento della Corte Costituzionale in tema di finanza locale, occorre fare alcuni cenni sulla natura dell'avanzo di bilancio.
Innanzitutto, il documento con cui si accerta la presenza di un eventuale avanzo (o disavanzo) di amministrazione è il rendiconto di esercizio e, nello specifico, il prospetto dimostrativo (che potete visionare al seguente collegamento: Link).
Premessa.
In linea di massima, tanto più è elevata l'efficienza di una struttura amministrativa nella programmazione finanziaria, tanto più l'ammontare dell'avanzo dovrebbe tendere verso lo zero.
E se il disavanzo è assolutamente un qualcosa da evitare ad ogni costo, anche eccessivi livelli di avanzo non sono indice di buona salute di un ente, in quanto potrebbero stare a significare inefficienza/incapacità amministrativa nello spendere o, peggio ancora, un livello di tassazione non congruo alle esigenze pubbliche e, pertanto, ingiustificato.
Torniamo a noi.
Precisiamo subito che i valori presenti nella suddetta tabella possono anche non essersi originati esclusivamente nel singolo esercizio al quale si riferisce il rendiconto, ma essere il cumulo di più anni (esempio emblematico è l'accantonamento dovuto al fondo crediti di dubbia esigibilità).
L'avanzo, come si può vedere, è strutturato in quattro componenti: parte accantonata, parte vincolata, parte destinata agli investimenti e parte libera.
Focalizziamoci sulle ultime due, siccome sono quelle che ci interessano in questo momento.
La parte destinata agli investimenti è formata dalle risorse in c/capitale (oneri di urbanizzazione, alienazioni, ecc.) e la parte libera da quelle in c/corrente (imposte, canoni, ecc.).
La loro applicazione in un esercizio successivo, per le prime, è subordinata all'obbligo di finanziare spese a loro volta in c/capitale ("investimenti"), mentre per le seconde vi è discrezionalità politica sulla sezione ove destinarle.
La quantità di avanzo impiegabile è data dai cosiddetti "spazi finanziari" che ogni ente locale possiede (calcolati tramite questo prospetto: Link).
Le vigenti regole di finanza pubblica, infatti, impongono che l'avanzo applicato venga inserito come posta contabile sul solo lato delle uscite, senza prevederne la registrazione "in entrata" (nonostante sia già fisicamente incamerato e non semplicemente "previsto" come tutte le altre voci).
Ciò comporta che, dinanzi ad un ipotetico bilancio in perfetto pareggio, l'impiego di queste risorse porterebbe l'ente in disavanzo "contabile" (ma NON "finanziario", il che è paradossale).

Eccoci dunque arrivati al punto focale del discorso.

La sentenza 101/2018 (Link) ha segnato un'importante svolta a tal proposito, dichiarando incostituzionali le norme che vietavano la considerazione dell'avanzo (anche) come un "attivo" di bilancio.
A decorrere dal 2020, di conseguenza, ogni ente locale potrà integralmente disporre del proprio avanzo libero o destinato agli investimenti, senza più tenere conto della presenza o meno di spazi finanziari.
Finisce (finirà) così la stagione dei fondi "bloccati" in cassa, con buona pace di tutti.

PS: ad oggi, perciò, restano vincolate agli spazi finanziari solamente le accensioni di prestiti, che però non possono che trarre giovamento da questa mutazione del quadro normativo (essenzialmente, non si dovrà più scegliere fra l'una o l'altra cosa).