mercoledì 3 agosto 2016

Lettera a Libertà

Nell'edizione odierna del quotidiano Libertà è possibile leggere una mia lettera.
Si parla della fusione.


"Egregio Direttore,
se fosse vera la logica secondo cui ad un accrescimento delle dimensioni dell'ente si correla una direttamente proporzionale riduzione dei costi e un progressivo efficientamento della macchina amministrativa, allora Comuni quali Milano, Torino, Napoli e Roma dovrebbero essere degli esempi emblematicamente virtuosi di gestione del denaro pubblico e di semplificazione burocratica: cosa assolutamente opinabile.
Al contrario, possiamo ammirare una tendenza nettamente opposta: al crescere della grandezza di un qualsiasi ente locale, aumentano la dispersione delle risorse economiche e la complicatezza della burocrazia, mentre diminuiscono il potere di controllo della cittadinanza sull'operato degli eletti e la capacità di questi ultimi di mantenere e tutelare adeguatamente il territorio (che spesso si fatica a conoscere nella sua interezza).
Andando oltre alle ragioni tecniche, di cui ho già avuto modo di discutere in precedenti occasioni, uno dei principali motivi che mi portano a considerare negativamente la fusione è proprio il distaccamento che essa inevitabilmente provocherebbe tra amministrazione e comunità territoriale.
Altresì, è cosa nota il fatto che i piccoli Comuni siano il grande baluardo di qualsiasi democrazia matura, in quanto è in essi che la politica, trovando diretto contatto con la realtà quotidiana, si umanizza, mettendosi concretamente al servizio della persona.
Temo qualsiasi cambiamento che allontani le istituzioni dai cittadini, diminuendo i centri decisionali e accentrando il potere nelle mani di rappresentanze sempre più ristrette.
Enormi riserve possiedo inoltre in merito al ruolo e al peso che potrebbero assumere i partiti politici in tale nuova prospettiva, il tutto ovviamente a discapito della società civile e delle forme con cui essa politicamente si esprime: le liste civiche.
Sono profondamente convinto che fra il Comune di Ponte Dell'Olio e quello di Vigolzone possano esistere (e debbano esistere) forme di collaborazione amministrativa più strette e capillari; e questo senza la benché minima esigenza di andare ad intaccare la reciproca autonomia delle due comunità, che personalmente reputo giusto mantenere in ossequio alle intrinseche e differenti peculiarità storiche, economiche e sociali dei due paesi."

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