lunedì 23 gennaio 2017

Departecipazione

E' ormai un dato di fatto che la cosiddetta "partecipazione" sia soltanto uno dei molteplici frutti avariati del percorso di degenerazione della democrazia rappresentativa.
La partecipazione, in quanto concetto virtualmente equidistante sia dai rappresentati che dai rappresentanti, è terreno fertile per una sempre maggiore serie di non-decisioni, delle quali nessuno è più autore o, ancor meno, responsabile.
Conviene liberarsi il prima possibile di tutto ciò e ripristinare i corretti ruoli socio-istituzionali.
I governanti/amministratori elaborano proposte e prendono decisioni in base all'interesse generale e alle esigenze della collettività.
I cittadini controllano l'operato degli eletti, intervengono mediante gli strumenti consentiti dalla legge e, al termine di ogni mandato/legislatura, esprimono il proprio giudizio tramite il voto.
I rapporti tra questi due corpi sociali devono avvenire nel rispetto delle reciproche posizioni, evitando di scambiarsele vicendevolmente.
Il continuo ed incessante richiamo ad un ruolo attivo che la cittadinanza, come si è potuto constatare, non vuole e non gradisce rappresenta uno svilimento dell'autorevolezza, della credibilità e della ragione d'essere degli organi politico-amministrativi.
Partecipazione sono le relazioni umane che si costruiscono ed intrattengono nei luoghi del nostro vivere.
Esse non hanno mai avuto bisogno di essere istituzionalizzate o catalogate, oppure rinchiuse in programmi e ingabbiate in contesti ermetici.
Oltretutto, e per capirlo è sufficiente osservare i numerosi corpi intermedi (tipo le associazioni), la partecipazione sociale da parte dei singoli è già notevolmente sviluppata e diffusa.
Non sembra dunque persistere l'obbligatorietà di fabbricarne un nuovo tipo, forzando il normale stato di cose.
La regola è semplice: ciascuno contribuisce alla società nel modo in cui preferisce e nella maniera che gli è possibile.

Questo è tutto, per ora.

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