mercoledì 25 marzo 2015

Acqua pubblica: perché SI

In queste settimane, dopo un pausa durata qualche mese, è ripartito forte il dibattito "acqua pubblica si, acqua pubblica no" (o meglio, "privatizzare l'acqua si, privatizzare l'acqua no").
Si sa, sotto elezioni (regionali, nel nostro caso), parlare di certe questioni può essere controproducente, soprattutto se il partito che è dato per favorito (PD) si trova esattamente dalla parte opposta rispetto alla volontà dei cittadini.
Che il Partito Democratico, ad ogni livello di governo, spinga per la privatizzazione di tutto ciò che sia privatizzabile è risaputo ed è inutile ripeterlo (si vedano Poste italiane e Cassa Depositi e Prestiti).
Il problema che abbiamo in ambito locale (provincia di Piacenza), purtroppo, è l'eccessiva presenza di amministratori e politici facenti capo a tale partito, che di professione svolgono gli arrampicatori oppure gli zerbini (questi ultimi detti anche "yes men").
La prima categoria comprende quei personaggi disposti a tutto pur di raggiungere il gradino socio-politico superiore, quindi decisamente favorevoli ad avallare le decisioni dei piani alti senza dire "bah", salvo poi annotare tutti i favori corrisposti e richiedere, in futuro, una "promozione".
La seconda categoria, invece, racchiude gli individui senza alcuna personalità o capacità amministrativa, i quali fanno della tessera di partito (e degli "aiutini" che ne derivano) l'unico motivo della propria permanenza su un determinato seggio; perciò, scongiurano qualsiasi comportamento fastidioso per i capibastone ed, inoltre, ogni volta che il rispettivo datore di poltrona chiede pegno, essi sono pronti ad offrirglielo senza fiatare.
Dunque, il principale (e credo anche unico) ostacolo che si para dinanzi alla società pubblica è qualcosa di prettamente politico.

Perché, secondo me (e molti altri), è indispensabile che la società gestrice dell'acqua sia al 100% pubblica?
Il primo motivo, quello giuridicamente più importante, è il referendum del 2011, con il quale si abrogavano:
1) la norma che consente di affidare la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica a soggetti scelti a seguito di gara ad evidenza pubblica, permettendo la gestione in house solo ove ricorrano situazioni del tutto eccezionali, che non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato
2) la norma che stabilisce la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, nella parte in cui prevede che tale importo includa anche la remunerazione del capitale investito dal gestore
Tradotti:
a. con la prima abrogazione si rende possibile la gestione pubblica senza che vi sia il presupposto di particolari situazioni
b. con la seconda abrogazione si impedisce l'utilizzo delle tariffe come strumento di restituzione dell'investimento fatto dal privato
Il secondo motivo, sul quale non ho dati numerici, ma constatazioni fattibili da chiunque:
con la gestione pubblica, nel caso si producesse dell'utile, questo potrebbe essere reinvestito per il miglioramento del servizio, oppure per la riduzione delle stesse tariffe; mentre con la gestione privata, in presenza di utili, si provvederebbe alla distribuzione dei dividendi fra i soci, penalizzando fortemente gli investimenti qualitativamente migliorativi nelle strutture.
Il terzo motivo, basato su una semplice deduzione logica:
il privato non ha alcun interesse ad incentivare la riduzione dei consumi di acqua, perché proporzionalmente al loro aumento si incrementa il suo profitto.
In un momento in cui gli enti locali virtuosi promuovono pratiche per ridurre i consumi di acqua (qualche Comune distribuisce gratuitamente i regolatori di getto da applicare ai rubinetti, oppure tiene incontri formativi sul tema), noi ci ritroveremmo con l'ente erogatore del medesimo servizio che spingerebbe nella direzione opposta.
Si tratterebbe di una contraddizione gigantesca.

A giugno 2014 era circolato il progetto di fattibilità per la società mista pubblico-privata.
65% in mano ai privati e 35% in mano agli enti pubblici.
Il Comune di Ponte Dell'Olio, in virtù del suo ipotetico 1,70% di azioni possedute, avrebbe dovuto versare, per costituire detta società, l'equivalente di 53.437 euro.
Il mio commento: una porcata di dimensioni abnormi.
Così come era teorizzata, si sarebbe trattato di un modo per spillare denaro ai Comuni, salvo poi relegarli a posizioni di governance marginali, facendoli contare unicamente nei casi in cui fosse stato necessario il voto assembleare a maggioranza qualificata.
Inoltre, sempre gli stessi Comuni avrebbero dovuto, in caso di passivo, ripianare i debiti attingendo dai propri bilanci.
Un vero porcellum.
E per la società cosiddetta "in house", completamente pubblica?
Nulla.
Non è nemmeno stato preparato un progetto di fattibilità.
Ai Sindaci piacentini è stato detto "scegliete fra mista o privata" e, ritornando al discorso sulla componente politicizzata degli amministratori piacentini, nessuno, a parte il Comune di Pontenure (che ha chiesto il progetto di fattibilità per la gestione "in house"), ha preso una posizione ferma verso la gestione pubblica.
Il futuro è oscuro.
L'unica certezza è che le bollette dell'acqua, nell'ultimo decennio, sono aumentate in media del 95%.

Concluso il discorso, vorrei lasciarvi con due vignette che sdrammatizzano un pò la cosa.
Spero vi piacciano.

PS: per chi avesse Facebook, consiglio vivamente di visitare la pagina "Movimento 5 Litri", è fantastica!



Nessun commento:

Posta un commento