domenica 7 giugno 2015

Fusione comunale: un (lungo) pensiero

Su questo blog, qualche settimana fa avevamo analizzato il quadro normativo ed economico riguardante la fusione dei Comuni (Link), utilizzando i parametri del 2014 (per Vigolzone e Ponte Dell'Olio).
L'argomento è importante ed è necessario essere bene informati.
Io, come singolo, fino a questo momento, non mi sono ancora espresso sulla questione.
Preferisco prendermi il giusto tempo per pensarci su e costruirmi un'idea completa a 360 gradi.
Tuttavia, intendo mettervi al corrente di una riflessione che mi sta occupando la mente da giorni.

Inizio con una premessa.
Sicuramente qualche maligno affermerà che faccio discorsi come quello che leggerete solo perché avrei in qualche modo paura di perdere il mio posto, oppure perché saprei di non poter più avere possibilità di ritagliarmi il mio spazio in una realtà sovra-comunale.
A queste persone rispondo che mi importa ben poco della cosiddetta cadrega.
Non faccio quello che faccio per migliorare la mia immagine, per sentirmi figo, per darmi arie, oppure perché sono bramoso di potere.
La mia presenza in Consiglio Comunale è temporanea (non sono un "poltronaro carrierista") e vincolata esclusivamente a quello che sento di poter offrire al mio paese per migliorarlo.
Il giorno che sentirò di aver esaurito il mio compito, mi farò da parte, con molta serenità.
In questo momento, dunque, non mi interessa altro che rendervi partecipi di una riflessione personale sull'aspetto politico della eventuale futura fusione comunale.

L'articolo 5 della nostra Costituzione enuncia: "La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento."

Secondo la Carta costituzionale, quindi, la Repubblica ha il compito di riconoscere e promuovere le autonomie locali, nonché di garantire il più ampio decentramento dei servizi.
Ogni Comune ha un proprio territorio, una propria comunità, una propria tradizione, ecc.
Una propria identità, insomma.
Tale ente offre anche una serie di servizi alla popolazione cui fa riferimento, con quest'ultima che è chiamata a finanziarli attraverso il sistema tributario .
Il paese elegge Sindaco e Consiglieri Comunali che sono espressione del luogo, in quanto residenti nello stesso e radicati all'interno della rispettiva comunità.
Le caratteristiche di autonomia e ("il più ampio") decentramento, riconosciute e promosse dalla Costituzione, sono dunque, per il momento, presenti.
Gli amministratori sono amici, conoscenti, vicini di casa, colleghi di lavoro: cittadini normali, coi quali sai di poter discutere, parlare, confrontarti sulla politica locale, criticare e consigliare tranquillamente.
Quando hai bisogno ci sono e la loro presenza fra la gente è costante.
Se hai un problema, magari non lo risolvono, ma almeno lo ascoltano e recepiscono il messaggio.
Li si conosce a fondo, si possono toccare con mano, si può constatare come ragionano: vi è un rapporto costante fra eletto ed elettore, senza filtri.
Nei piccoli Comuni, la politica è fortemente legata al territorio.
La partecipazione civica è notevole e, per certi versi, incentivata, tant'è che chiunque può mettersi in gioco (candidandosi) e provare a governare, ma anche essere semplicemente un cittadino attivo, nel senso più assoluto del termine.

Quale è l'unico risultato influente che si otterrebbe dalla fusione fra Comuni, disponibilità economiche a parte?
L'eliminazione dei politici "del paese".
Tutto il resto rimarrebbe pressoché invariato: personale, servizi, ecc. (commetterebbe un errore grossolano chi pensasse che, una volta fusi, sarebbe possibile fare a meno dei dipendenti in esubero).
Presumibilmente si istituirebbero dei Municipi nei territori dei Comuni oggetto di fusione, che però avrebbero solo le facoltà di rivolgere interrogazioni, esporre richieste e fornire pareri, ma senza esercitare mai un potere rilevante nei confronti dell'amministrazione.
I piani urbanistici e i regolamenti verrebbero unificati: la burocrazia rimarrebbe intatta.
Per la vita dei cittadini di uno qualsiasi dei tre Comuni non vi sarebbero perciò particolari mutamenti (con i PSC non si mangia).
Questa appena letto potrebbe sembrare una frase sciocca, ma rifletteteci un attimo: concretamente, per voi cambierebbe davvero qualcosa?
Suppongo di no (anzi, potrebbe capitare di doversi fare lo sbattimento di aggiornare l'anagrafe).
Le aliquote tributarie diventerebbero uguali per tutti: qual'è il vantaggio? pagheremmo comunque sempre le solite somme (a meno che uno degli altri due paesi sia un paradiso fiscale.. ma lo escludo).
Anche la questione "avremmo un peso diverso in Regione e più facilità di accesso ai bandi" è tutta da dimostrare e a me, personalmente, pare più un tentativo di auto-convincimento, facilmente smentibile dalla realtà dei fatti: ricordo a tutti che Vigolzone, nel 2014, ricevette dal bando statale "6000 campanili" circa 800.000 euro, e questo nonostante la sua popolazione risultasse (ed è tutt'ora) inferiore sia a quella di Podenzano, sia a quella di Ponte Dell'Olio.
Secondo la teoria del "grande popolazione, grande importanza", quanto appena detto non sarebbe potuto accadere, eppure quei soldi li hanno ottenuti eccome.
Non sarà che, forse, dinanzi alla bontà dei progetti non c'è demografia (o fusione) che tenga?
Aggiungeteci pure il carisma e la personalità che un Sindaco potrebbe possedere, nonché la sua capacità di battere i pugni ai "piani alti" al momento opportuno.

Il Comune di Ponte Dell'Olio, per gli organi istituzionali (Giunta+Consiglio) spende 22.000 euro all'anno.
Se si effettuasse una fusione con uno o più Comuni, questi costi si ridurrebbero sensibilmente (a meno che le indennità dei futuri Sindaco, Assessori e Consiglieri siano spropositate).
Insieme a loro, invero, scompariremmo io e i miei colleghi amministratori.
Arriverebbero sì svariate risorse da Stato e Regione nell'arco di 15 anni, che si potrebbero spendere per fare tante cose, però poi tanti saluti alla politica connessa alla terra di appartenenza.
Immaginate una macro fusione fra Ponte Dell'Olio, Vigolzone e Podenzano: diventeremmo un Comune di circa 15.000 abitanti, i quali distribuiti su tutta la bassa Valnure.

Questa, a mio parere, non è promozione dell'autonomia locale o del decentramento, ma esclusivamente un modo per allontanare il più possibile gli amministratori dai cittadini e dal territorio, attraverso l'accentramento di tutto il potere politico-amministrativo nelle mani di pochi.
Il tutto, ovviamente, addolcito agli occhi dei cittadini dal consistente palliativo costituito dai tanti quattrini che Stato e Regione erogherebbero per oltre un decennio.
Un ottimo metodo per convincere gli abitanti di un paese a rinunciare ai propri amministratori, vero?
Tuttavia, non penso che la questione finisca qui.
Sono dell'idea che, facendo così, spianeremmo la strada all'arrivo dei partiti nella nostra realtà, con tutte le conseguenze che esso comporterebbe.
Questo perché, quando si rende difficoltosa (se non impossibile) la partecipazione civica alla cosa pubblica, aumentando le distanze fra rappresentanti e rappresentati, le persone normali faticano ad agire e organizzarsi politicamente, nonché a costituirsi e rimanere nel tempo un elettorato attivo.
D'altronde, in un'area così vasta e con un bacino elettorale così ampio, quante possibilità di imporsi e vincere avrebbe una lista civica composta da gente normale, magari anche con notevoli competenze e programmi elettorali bellissimi, ma senza tessere in tasca e senza la potenza propagandistica propria di una forza partitica?
Quasi nessuna.

Come si realizzerebbe concretamente l'arrivo dei partiti?
Sicuramente, non nell'immediato, ma nel corso degli anni.
Si presenterebbero con i loro candidati calati dall'alto, il più delle volte scelti arbitrariamente dalle segreterie, dalle direzioni distrettuali o da finte primarie, e lascerebbero ai cittadini solamente la scelta di votare per questi, oppure, in alternativa, di non votare e stare a casa (come già fa il 50% degli elettori italiani).
Dopodiché, vista la quasi impossibilità di battere questi personaggi, essi occuperebbero le "nuove" istituzioni comunali, decidendo per tutti noi, concedendoci solo sporadicamente qualche minimo confronto (in cui ci racconteranno qualche storiella), spenderebbero i nostri soldi (in 15 anni ne entrerebbero molti) secondo gli ordini impartiti dai vertici e gestirebbero la cosa pubblica non insieme ai cittadini, ma coadiuvati dai rispettivi capibastone.

Vorrei fare un ragionamento a sostegno di questa mia supposizione.
Come mai, mentre ai singoli Comuni vengono effettuati tagli indiscriminati e sempre maggiori, per gli enti locali che si fondono sono messe a disposizione così tante risorse?
A questa domanda potreste rispondermi dicendo che si tratta di un incentivo alla riorganizzazione territoriale e alla diminuzione del numero dei Comuni.
Ma perché si vorrebbe far credere agli amministratori e ai cittadini che l'unica possibilità per spendere e investire (come si deve) sia la fusione con altri Comuni?
Per aumentare il grado di autonomia (e decentramento amministrativo) dei singoli enti comunali, anziché obbligarli a fondersi, sarebbe sufficiente attuare al 100% il cosiddetto "federalismo fiscale".
Niente folli limiti di spesa, niente insensati e continui contributi alla finanza pubblica e niente vincoli paralizzanti: una volta che i conti quadrano, si dovrebbe permettere ai Sindaci di amministrare.
Nel bilancio dello Stato (820 miliardi circa di uscite) le voci dove andare a recuperare liquidità, senza privare gli enti territoriali di centinaia di milioni di euro, ci sarebbero (eccome!).
Però, si è scelta la strada che ben sappiamo.
E finché non abrogheremo il principio del "Pareggio di Bilancio" introdotto in Costituzione con la Legge Costituzionale 1/2012 (sostituendolo con quello della "Piena Occupazione"), il nostro destino economico nazionale e locale è segnato.

E se l'obiettivo di chi Governa fosse proprio quello da me ipotizzato?
Pensateci bene: quali sono gli unici enti in cui i partiti non sono ancora riusciti ad infiltrarsi?
I piccoli Comuni, ossia quelli dove non si vota il simbolo, ma la persona; dove non si sceglie per ideologia, ma per competenza, per idee, per fiducia nei candidati.
Nei paesi di piccole dimensioni, i soldi pubblici sono spesi con parsimonia e oculatezza, non raramente pure con lungimiranza e visione futura, e le decisioni vengono prese pensando esclusivamente al bene comune (se si sbaglia, lo si fa in buona fede).
Questo è veramente insopportabile per i partiti.
Loro vorrebbero ridurre notevolmente i centri di potere, accentrare il più possibile e liquidare la democrazia, ovvero il diritto dei cittadini di scegliersi i PROPRI rappresentanti, per poi piazzare i PROPRI uomini (e donne).
I segnali di ciò sono lampanti: per le Province hanno già abolito le elezioni, per il Senato stanno approvando la riforma Costituzionale che lo renderà non più elettivo e per la Camera hanno approvato una legge elettorale che vedrà i 2/3 dei Deputati nominati dalle segreterie.
Inoltre, l'amministrazione centrale sta portando avanti da 4 anni a questa parte una politica basata sulla restrizione, ogni anno maggiore, dei trasferimenti agli enti comunali.
Demoliscono finanziariamente i Comuni per costringerli ad eliminare i politici locali (che sono spacciati per il problema universale), offrendo in cambio una contropartita economica pluriennale allettante, così da convincere la gente ad accettare di sacrificare sull'altare del denaro gli unici organi istituzionali ancora eleggibili direttamente dal popolo.

Comunque, possiamo dircela una cosuccia, fra noi?
Sia chiaro: non si insinua niente e non si accusa nessuno di nulla.
Non ho le prove di ciò, ma ho come l'impressione che ci sia qualcuno che sta spingendo affinché la fusione fra Ponte Dell'Olio, Vigolzone e Podenzano si realizzi.
Quest'ultimo, poi, per quali ragioni necessiterebbe di fondersi, avendo potenzialità amministrative enormi pure restando da solo?
Andando oltre all'appena menzionato dubbio amletico, non mi sembra affatto un caso che si voglia costruire un unico ente fondendo proprio questi tre Comuni (avete già capito ciò a cui mi riferisco: equivarrebbe ad unire Emilia-Romagna, Toscana e Marche).
E se per arrivare a questa meta si stesse per caso gettando del fumo negli occhi, oltre che ai cittadini, anche agli amministratori (illudendoli di fare una scelta saggia), allora vorrei che tutti quanti prestassimo la massima attenzione.
A buon intenditori, poche parole: ci siamo capiti.
Ripeto: nessuna accusa, nessuna insinuazione, si tratta solo dell'esposizione di una sensazione politica personale.

Ci sono in ballo diversi milioni di euro ed è indubbio che facciano gola a molti, soprattutto a chi è abituato ad occupare posizioni di potere.
Quello che tutti ci dobbiamo chiedere è: chi sarà, in futuro, l'amministratore di quei soldi (nostri)?
Un uomo di partito? Un politico di professione? Oppure ci andrà bene e sarà una persona scelta in modo pienamente democratico dal popolo?
Sull'ultima ipotesi, come già detto, ho una fiducia prossima allo zero, per i motivi che trovate nelle righe precedenti.
Tuttavia, un papabile candidato crossover (e fuori dall'orbita partitica) fra Ponte Dell'Olio e Podenzano, in teoria, ci sarebbe, però non saprei dirvi, per varie ragioni, se si cimenterebbe in una sfida del genere (dovrebbe andare contro un establishment molto forte).

Forse sono stato eccessivamente negativo e potrei aver preso un grosso abbaglio nel fare tali considerazioni.
Questi cattivi presentimenti potrebbero anche essere frutto della mia non propriamente indimenticabile esperienza da tesserato per un partito.
Comunque sia, non essendoci nella politica un limite al peggio, non è da escludere che io possa avere ragione.
Magari non nell'immediato, ma dopo alcuni anni (una decina? una quindicina?) dall'avvenuta fusione.

Mi piacerebbe lasciare alle generazioni pontolliesi che verranno la possibilità di scegliere il tipo di paese che vorrebbero fosse Ponte Dell'Olio, la possibilità di deciderne le sorti, la possibilità di programmarne il futuro e la possibilità di migliorare quello che hanno ereditato.
Vorrei ancora più autonomia e un ulteriore decentramento delle funzioni come sancito in Costituzione.
Ovvero, l'ultima cosa che desidererei è lasciare che a decidere il futuro di Ponte Dell'Olio sia qualcuno di assolutamente estraneo e, forse, politicizzato (magari con interessi diversi da quelli dei cittadini).

Queste sono le mie preoccupazioni.
Ci tenevo a rendervi partecipi.
Sono aperto a discuterne.. e pure a rimangiarmele, nel caso qualcuno riesca a rassicurarmi oppure, nel migliore dei casi, a smontarmele.
Vi terrò aggiornati sugli sviluppi del mio pensiero.

Vorrei chiudere con un quesito apparentemente banale, ma, secondo il mio modesto parere, abbastanza significativo, visto il discorso appena fatto.
Noi amministratori (12 a Ponte Dell'Olio), siamo solamente una questione di soldi (22.000 euro), oppure qualcosa di più?

PS: Volete sapere un esempio di candidato "dall'alto" dato in pasto agli elettori (seppur di secondo livello)?
Il nostro attuale Presidente della Provincia, la cui candidatura è stata decisa da un direttivo del Partito Democratico provinciale (Fonte) [nell'articolo hanno sbagliato a riportarne il nome].
Pensate che neppure io, nonostante in quel periodo fossi al tempo stesso tesserato PD e Consigliere Comunale (quindi elettore), sono stato sentito (non pretendevo di decidere arbitrariamente per tutti, ma almeno di essere consultato: "poche briciole, lo stretto indispensabile").
Con quanto appena scritto non voglio mettere assolutamente in dubbio che il Presidente sia una persona rispettabilissima, intendiamoci.
Personalmente, non lo conosco (anche se ho avuto modo di scambiarci qualche battuta), quindi non mi metto certo a giudicare (chi sono io per esprimere giudizi?).
Come ben sapete, l'ho votato, perché PD o non PD lo reputo un amministratore capace.
Se i tuoi cittadini (di Vigolzone) ti confermano Sindaco col 60% dei voti, vorrà pur dire qualcosa, no?!
Tuttavia, rimane il fatto appena narrato (già discusso su questo blog), ossia che tale candidatura è stata espressione di una maggioranza del direttivo provinciale di un partito che rappresenta solo una minoranza del corpo elettorale della nazione (corpo elettorale che, negli ultimi anni, vota solo per metà).
Sappiamo tutti benissimo che la Provincia di Piacenza, come elettorato, è fortemente spostata verso l'area di centrodestra (guardate le ultime elezioni provinciali "dirette" e le ultime elezioni regionali). Quindi, ne deduciamo che siamo veramente in una situazione sulla quale si potrebbe fare ogni tipo di commento.
Con quale presupposto un gruppo ristrettissimo di individui si è arroccato il diritto di scegliere il candidato (seppur valido) del partito, senza nemmeno passare per elezioni primarie fra i tesserati?
Qual'è il senso di avere degli iscritti, se non la condivisione delle scelte?
Oppure essi servono solo per portare 20 euro a testa?
Se c'è una consuetudine della politica attuale che proprio detesto con tutto me stesso è quella di non considerare minimamente i cittadini (ormai relegati a semplici timbratori di schede nelle urne, quasi sempre costretti a scegliere fra il peggio e il leggermente meno peggio).
Dobbiamo essere consci che un procedimento decisionale simile, nel possibile futuro super-Comune, non sarebbe un'evenienza da escludere.

PPS: Siamo proprio certi che i margini di manovra economica a Ponte Dell'Olio siano finiti?
Per il palazzetto dello sport paghiamo, di utenze (base), 25.500 euro all'anno.
Per l'illuminazione pubblica spendiamo, di prestazione servizi, 150.000 euro all'anno.
Per gli interessi passivi sui mutui dobbiamo restituire 55.000 euro all'anno.
Per la restituzione di quota capitale dei mutui versiamo 77.000 euro all'anno.
La prima spesa si potrebbe azzerare nell'immediato (project financing con affidamento pluriennale?) e trasformare in introito nel medio-lungo periodo, dando la struttura in comodato oneroso.
La seconda si potrebbe ridurre del 30% solo con una riqualificazione a LED e di altre maggiori percentuali attraverso interventi accessori quali l'installazione di regolatori di flusso e la ridiscussione dei contratti (il passo preliminare rimane comunque l'acquisizione dei 498 pali di proprietà di Enel Sole).
La terza e la quarta sono, ovviamente, collegate e si potrebbero portare a zero mediante una linea politica basata sull'estinzione anticipata del debito pubblico, salvo poi riutilizzare tali risorse per l'effettuazione di nuovi e mirati investimenti strategici.
Quello appena elencato sarebbe un programma amministrativo realizzabile nell'arco di massimo due mandati.
Tutto e subito è oggettivamente impossibile, però, nel tempo, con una programmazione definita, nulla è precluso.
Facendo i conti, sarebbero decisamente tanti soldi in più (ottenuti senza perseguire la fusione).

A presto!

2 commenti:

  1. Ciao sono Andrea da Podenzano. Esamina approfondita ma mi piacerebbe elencare alcuni miei pensieri sorti durante la lettura. 1Sei sicuro che con un federalismo fiscale del 100% i comuni riescano a sopravvivere? Se prendi il bilancio e togli i soldi che arrivano da Bologna e da Roma riesci a finire in pareggio? 2E' vero che le aliquote rimarranno uniche ma se un comune ha aliquote alte e un comune molto popoloso ha aliquote basse in TEORIA (ripeto in teoria) il comune dalle aliquote alte dovrà ridurle per avere lo stesso gettito complessivo. 3Il risparmio non sarà certo sugli stipendi degli amministratori, piuttosto su quello dei funzionari comunali, alcuni hanno stipendi anche oltre i 50mila. Lo studio dirà se ci saranno esuberi (ripeto in teoria si) ma la mia paura è che ci dovranno essere anche "nuovi acquisti", personale più preparato, e li si dovrà pagare di conseguenza. 4La questione partiti non la vedrei io, come vedi nei comuni il simbolo di partito si nasconde, solo il m5s fa liste ufficiali. Si vota la persona e una elezione in Valnure non sarà difficoltosa per un eventuale candidato sindaco.... I partiti vanno dove c'è da mangiare, quindi Regione o Parlamento, nei comuni ci sono solo rogne. p.s. Non farti ingannare, faccio un po l'avvocato del diavolo, io non sono assolutamente convinto di questa fusione, ancor meno dello studio di fattibilità (finanziato al 70% dalla Regione e dato in appalto a chi vuole lei, come può essere imparziale?) Fortunatamente ho molta più fiducia dei cittadini, che saranno chiamati, se procede l'iter, a un referendum consultivo. Ciao e complimenti per il blog!

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    1. Ciao Andrea, innanzitutto grazie per avermi letto.
      Vengo alle tue considerazioni e rispondo come meglio posso.
      Federalismo fiscale: sono assolutamente convinto della sua efficacia, anche perché lo reputo un ottimo strumento per rafforzare l'autonomia del singolo ente.
      La domanda giusta non credo sia se i Comuni riuscirebbero a sopravvivere senza i trasferimenti statali, ma "riuscirebbe lo Stato a mantenere in equilibrio i bilanci nel caso i Comuni non contribuissero più alla finanza pubblica?".
      La risposta, ovviamente, è negativa e spiego subito il perché.
      I trasferimenti correnti erogati dallo Stato ai Comuni sono rappresentati dal Fondo di Solidarietà Comunale.
      Tale fondo non è però una serie di risorse statali passate agli enti locali, bensì il corrispettivo del versamento di una percentuale dell'IMU riscossa dai Comuni medesimi.
      Ad esempio, Ponte Dell'Olio, nel 2014, ha passato allo Stato 487.000 euro di IMU (il 38,22% del totale) per alimentare il FSC, ricevendo indietro tramite lo stesso fondo solamente circa 175.000 euro.
      Detto tra noi: l'abbiamo presa in "quel posto".
      Con il federalismo, inoltre (e presumibilmente), si aprirebbe la possibilità di abrogare il Patto di Stabilità (che sono sempre soldi dei Comuni) e l'autonomia finanziaria sarebbe così completa.
      La questione delle aliquote è semplice e ha due possibili sfaccettature.
      Mettiamo che, ad esempio, Podenzano abbia le aliquote IMU, TASI e addizionale IRPEF pari ad esattamente la metà di quelle di Ponte Dell'Olio.
      Se gli amministratori di Podenzano volessero fondersi con Ponte Dell'Olio, sarebbero veramente dei folli, perché per i podenzanesi la fusione equivarrebbe a un'inasprimento della pressione fiscale.
      Perciò, una simile scelta non si spiegherebbe.
      La seconda possibilità, concreta nei fatti, è quella che in entrambi i Comuni le aliquote tributarie siano pressappoco equivalenti.
      Dunque, in tal caso, il cambiamento avvertibile dai cittadini di entrambi i Comuni si avvicinerebbe allo zero.
      Anche qui il senso dell'operazione non si comprenderebbe.
      Sul terzo punto sono d'accordo: tanto è grande la dimensione di un ente, tanto aumentano indennità e retribuzioni, ovvero si correrebbe il grosso rischio di non ottenere benefici economici sul versante del personale (principale voce di uscita di ogni ente).
      Sui partiti non saprei cosa dirti.
      Potresti avere ragione tu, così come potrei averla io.
      Rimango convinto che più aumentano le dimensioni istituzionali, più le persone "normali", fuori dai giochi del potere, facciano fatica a muoversi, ad organizzarsi e anche ad imporsi elettoralmente.
      Per quel poco che ho imparato sui partiti, posso tranquillamente affermare che non si può mai escludere nulla (soprattutto in ottica negativa).
      Inoltre, sappiamo tutti molto bene quanto una forza politica in particolare sia molto influente nei tre paesi in questione.
      Comunque sia, il mio, per il momento, resta un invito a riflettere, ma anche a non abbassare la guardia, siccome quando ci sono in gioco poltrone, potere e (molte) risorse economiche, il pericolo per i cittadini è sempre in agguato.
      Condivido in toto le tue considerazione nel Post scriptum.

      Grazie dei complimenti.
      A presto!

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