lunedì 21 dicembre 2015

Fusione: il dubbio legislativo

Come tutti sappiamo, il diritto è un oggetto in continua trasformazione.
Ciò che è legge oggi, può non essere legge domani e ciò che non è legge oggi, può diventarlo domani.
Le norme cambiano, si annullano, si modificano, si abrogano, si superano, si cancellano e mutano a seconda della volontà del legislatore.
Stato e Regioni esercitano la potestà legislativa, mentre Province e Comuni quella amministrativa.
La fusione dei Comuni rientrano nella potestà legislativa concorrente, ovvero una delle sfere giuridiche in cui Stato e Regioni (nel nostro caso, l'Emilia Romagna) intervengono congiuntamente, potendo entrambi normare a riguardo.

Focalizzandoci sull'aspetto principale di questa concorrenzialità, ossia i contributi e il Patto di stabilità interno, dobbiamo fare un attento ragionamento in merito.
Il quadro normativo attuale, per un ente nato a seguito di fusione, prevede cinque anni di esenzione dal Patto di stabilità interno, dieci anni di contributi statali e quindici anni di contributi regionali.
Questa esenzione e i vari contributi sono una precisa scelta del legislatore che, in quanto tale, rimane a sua totale discrezione.
Cosa significa ciò?
Semplicemente, che se domani la Regione Emilia-Romagna o il Parlamento (oppure il Governo) volessero cancellare questi incentivi, essi potrebbero farlo tranquillamente e senza problema alcuno, lasciando tutti col cerino in mano.
Come affermava giustamente su Libertà la minoranza consigliare del Comune di Vigolzone, in quindici anni passano tre legislature (se non di più, aggiungo) e potrebbero cambiare molte cose.

Io sono dell'idea che per vedere attuata una stretta monetaria sulle fusioni dei Comuni non ci sia nemmeno da aspettare i suddetti quindici anni.

Facciamo un esempio: la Legge di Stabilità 2016, approvata definitivamente in questi giorni, prevede riduzioni o mancati aumenti del Fondo Sanitario Nazionale per 15 miliardi di euro nel triennio 2017-2018-2019.
La gestione della sanità a quali enti è affidata?
Alle Regioni, le quali impegnano circa l'80% dei loro bilanci in questo settore.
Gli emiliano-romagnoli rappresentano il 7% della popolazione italiana.
Approssimativamente, la nostra Regione potrebbe dover far fronte ad un taglio complessivo di risorse per 1 miliardo di euro durante il predetto triennio (una cifra mostruosa).
Noi sappiamo che la Regione Emilia-Romagna fornirebbe più o meno il 50% dei circa 6 milioni di euro di contributi.
Ovviamente, dobbiamo pensare che Ponte Dell'Olio e Vigolzone non sono gli unici Comuni che si vogliono fondere.
Al contempo, bisogna calcolare che altri Comuni si sono già fusi e stanno ricevendo i relativi contributi.
L'Emilia-Romagna incentiva molto le fusioni dei Comuni e ha come obiettivo di raggiungere le 300 unità entro il 2019 (al momento, ve ne sono 340).
Quando alla nostra Regione sarà presentato il miliardo di tagli sulla sanità, spalmato in tre anni, chi governa (Giunta e Assemblea regionali) dovrà optare fra tre strade:
1) Diminuzione dei servizi ospedalieri (posti letto, reparti, personale, ecc.)
2) Aumento del prelievo fiscale
3) Riduzione di altri capitoli di spesa
Teniamo presente che il bilancio regionale ammonta a circa 2 miliardi e 400 milioni di euro.
1 miliardo di maggiori oneri avrebbe un impatto abnorme.

Io sono dell'idea che fra le tante spese a saltare ci potrebbero essere quelle relative ai contributi alle fusioni dei Comuni.
Si tratta solo di un'ipotesi, in ogni caso, anche se abbastanza probabile.

Facciamo un altro esempio: lo Stato, dal 2008 in poi, ha ridotto annualmente i trasferimenti ai Comuni per riuscire a rientrare nelle regole europee.
In questo momento, tali trasferimenti sono ridotti veramente all'osso.
Inoltre, il debito pubblico continua a crescere e, con esso, gli interessi che dobbiamo pagare ai creditori.
Lo Stato italiano, nei prossimi anni, produrrà avanzi primari sempre maggiori, contraendo progressivamente la spesa pubblica e aumentando la pressione tributaria (si veda il Documento di Economia e Finanza 2015).

Sono convinto che già dall'anno prossimo i contributi statali decrementeranno.
Da qui al 2021 (un quinquennio esatto), gli incentivi dello Stato alle fusioni dei Comuni potrebbero non esistere più.
Piano piano, la stretta monetaria si farà sempre più asfissiante e molte voci di spesa saranno azzerate: è un dato di fatto, non una mia supposizione.

Riallacciandomi alla mutazione del diritto riportata in premessa, oggi vi sono delle condizioni di partenza per cui Ponte Dell'Olio e Vigolzone vogliono fondersi, ma domani queste condizioni potrebbero essere l'esatto opposto.
Vista la mia tesi sulla fusione che vede il motivo economico come (quasi) unica spinta, se domani Stato e Regione decidessero di non incentivare più i processi di fusione, avremmo semplicemente allontanato la politica dal territorio, senza però averne tratto un effettivo e considerevole vantaggio (la spesa relativa al personale, grazie ai pensionamenti, si ridurrebbe comunque nel lungo periodo).

In virtù di tutto ciò, ripropongo il mio invito a prendere tempo.
Tempo per informare e rendere consapevole la cittadinanza.
Tempo per osservare l'evoluzione legislativa in corso, onde valutarne gli effetti nel breve periodo.

Ripeto: non vorrei ritrovarmi da qui a due-tre anni sapendo di ottenere meno della metà di quanto previsto dalla normativa vigente nel 2015 e, tuttavia, dover amministrare un Comune da "costruire" ex novo, con tutti i collegati costi.

Tempo al tempo e lungimiranza!

PS: Comunque vada, deliberare l'inizio di un iter come quello per la fusione nel periodo di approvazione della Legge di Stabilità, secondo me, rappresenta un rischio amministrativo enorme, considerando quanto questa legge modifichi il panorama legislativo nazionale.

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