Dopo la giornata di "Fusione attiva" mi aspettavo di vedere, dati e numeri alla mano, una smentita a tutto campo delle motivazioni a favore del NO.
Invece, vedo che di cifre e informazioni tecniche non si parla minimamente, ma si fa solo riferimento alla retorica e al fatto che i due paesi siano molto allacciati fra loro.
Non capisco come potrebbe essere diversamente, vista la distanza di appena qualche chilometro.
Casomai, sarebbe problematico il contrario.
Casomai, sarebbe problematico il contrario.
Stessa cosa vale per i due enti comunali, da sempre in buoni rapporti e, quindi, propensi per natura a trattare determinate questioni congiuntamente (tipo mensa e trasporto scolastico), pur rimanendo ognuno indipendente e sovrano nel proprio territorio.
Facciamo un piccolo elenco di alcune questioni che andrebbero affrontate dai sostenitori del SI.
Il Patto di Stabilità interno per i Comuni ha cessato di essere in vigore dal 1 gennaio 2016 (art. 1, comma 707 della Legge 208/2015), quindi l'eventuale fusione non potrebbe annoverare tra i propri effetti positivi l'esenzione da tale disciplina di bilancio.
Lo stesso studio di fattibilità redatto dall'istituto "Poleis" riportava questo concetto a pagina 55.
Per quale motivo si continua ad affermare che con la fusione si sarebbe esentati per un quinquennio dal detto vincolo, se già non vi è più da quest'anno?
Sui trasferimenti statali non vi è certezza: il fondo deputato ad erogarli ha una dotazione di 30 milioni di euro ed è strutturato a ripartizione.
Nel 2015, secondo quanto comunicato dal Ministero dell'Interno, sono state 28 le fusioni che hanno beneficiato di contributi dallo Stato, per un totale di quasi 10 milioni di euro.
I Comuni fusi nati nel 2016 sono stati 27.
Per il 2017 sono in corso 159 processi di fusione.
Facendo una media dei contributi che ricevono le 28 fusioni operative dal 2015 e moltiplicandola per il numero di nuovi enti che potrebbero esserci complessivamente a partire dal 1 gennaio 2017, notiamo immediatamente come i 30 milioni del suddetto fondo andrebbero almeno quadruplicati per poter mantenere gli importi definiti dalla Legge 208/2015 (art. 1, comma 18, lettera a), ossia il 40% dei trasferimenti erariali attribuiti per l'anno 2010, equivalenti per "Pontevigo" a 720.000 euro/anno.
Lo Stato, nel caso si esaurissero i 30 milioni, rifinanzierebbe adeguatamente il fondo, in modo da non trasferirci meno risorse di quante ce ne spetterebbero ai sensi di legge, oppure no?
Il dilemma è interessante e rimane in attesa di risposta.
Un altro aspetto da non sottovalutare sarebbero i costi di attivazione del nuovo ente.
Le Giunte dei due Comuni hanno un prospetto sull'entità di queste spese, oppure no?
Se si, perché non lo si pubblicizza?
Un altro aspetto da non sottovalutare sarebbero i costi di attivazione del nuovo ente.
Le Giunte dei due Comuni hanno un prospetto sull'entità di queste spese, oppure no?
Se si, perché non lo si pubblicizza?
Infine, le indennità dei possibili futuri amministratori.
Coloro che ne ipotizzano un dimezzamento hanno tenuto conto del fatto che amministrare un Comune di 9.000 abitanti non rappresenterebbe più un dopo-lavoro, bensì un'attività lavorativa a tempo pieno?
Personalmente, non ci vedrei nulla di strano se i compensi del Sindaco e degli Assessori del nuovo Comune fossero pressoché simili al totale delle due precedenti amministrazioni.
D'altronde, è sancito dall'art. 36 della Costituzione che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro.
Ribadisco l'auspicio per una corretta informazione della cittadinanza e non, come purtroppo temo accada, una campagna propagandistica senza controparte (il Comitato del NO, finora, non è stato costituito).
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