martedì 3 maggio 2016

Referendum costituzionale - Perché votare NO

Testo di legge costituzionale pubblicato in Gazzetta Ufficiale: Link
Legge 52/2015 (Italicum) pubblicato in GU: Link

La riforma della Costituzione proposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, e dal Ministro per i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, in combinato con la legge elettorale "Italicum", di stampo maggioritario, mira ad una sostanziale trasformazione giuridica della Repubblica Italiana, mutandola da "parlamentare" a "governativa" (se non addirittura "presidenziale", con una figura del Primo Ministro notevolmente rafforzata).

La Camera dei Deputati, ex-art. 1 e 25 della legge di riforma costituzionale, deterrebbe l'esclusiva titolarità del rapporto di fiducia con il Governo.
L'Italicum, ex-art 1, comma 1, lettera f), per la lista vincente al primo turno (soglia del 40%) oppure al ballottaggio, prevede l'assegnazione di 340 seggi alla Camera, su 630 totali.
Oltretutto, ex-art. 1, comma 1, lettere b) e c), i capilista delle 100 circoscrizioni elettorali saranno "bloccati" (cioè "nominati"), con la possibilità per un medesimo candidato di essere presentato da capolista in un massimo di 10 circoscrizioni.
Il Governo, e di conseguenza il Presidente del Consiglio dei Ministri, sarà quindi espressione univoca del soggetto che uscirà vincitore alle elezioni, qualsiasi sia la sua percentuale di voti riscossa tra l'elettorato al primo turno: un partito rappresentativo di una parte minoritaria del paese potrà imporre la propria volontà alla maggioranza dei cittadini.
Sempre il Governo, inevitabilmente, godrà di poteri ampissimi e assumerà de facto l'esercizio del potere legislativo, con la Camera ridotta a semplice organo di ratifica delle decisioni prese in sede di Consiglio dei Ministri.
Le minoranze parlamentari, che si spartiranno i restanti 290 seggi, saranno ridotte ad un ruolo marginale e ininfluente.

Tuttavia, se quanto detto non fosse di per sé già abbastanza grave per una democrazia, rimangono ancora da vedere gli effetti che le due menzionate leggi sortirebbero relativamente agli organi di garanzia repubblicani.
Il Presidente della Repubblica, che dal quarto scrutinio potrebbe essere eletto con i 3/5 dei voti dell'assemblea e dal settimo con i 3/5 dei voti dei presenti (ex-art. 21 della legge di riforma costituzionale), sarebbe giocoforza scelto fra personalità accomodanti o comunque non invise al partito di maggioranza parlamentare.
Il Consiglio Superiore della Magistratura, di cui il Capo dello Stato funge da Presidente, sarebbe eletto per 1/3 con lo stesso modus operandi del Presidente della Repubblica: membri non sgraditi al partito di governo.
Infine, la Corte Costituzionale, ossia l'istituto presso il quale si decide la compatibilità delle leggi ordinarie con il dettato della Costituzione.
Essa, ex-art. 37 della legge di riforma costituzionale, sarebbe eletta per 1/3 dei suoi componenti (5 su 15) mediante nomina del Presidente della Repubblica (del quale abbiamo già parlato e visto la potenziale natura non super partes), mentre altri 3 membri sarebbero designati dalla Camera dei Deputati (ulteriori 2 dal Senato delle autonomie e i restanti 5 dalle magistrature ordinarie ed amministrative).
Nel complesso, almeno 8 giudici su 15 (dunque la maggioranza assoluta) sarebbero elementi graditi al vincitore delle elezioni, che ricordiamo essere partito rappresentativo di una minoranza del paese.

Si può pensare forse che questo possa essere un assetto democratico correttamente equilibrato e controbilanciato?
Assolutamente NO.

Vi piacerebbe che un Renzi, un Salvini o un Di Maio possa avere pieni poteri sulla nazione, sia che il loro operato risulti positivo o negativo?
Personalmente, NO.

A tutto questo farebbero da scudo i palliativi dell'abolizione delle Province (art. 29 della legge di riforma costituzionale), della soppressione del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (art. 28) e dell'assenza di indennità per i nuovi Senatori (art. 9), i quali sarebbero però designati dai Consigli Regionali (art. 2), ovvero non più eletti direttamente dal popolo, e godrebbero comunque dell'immunità parlamentare.
Possono i suddetti elementi essere ritenuti sufficienti a giustificare e compensare la radicale mutazione dell'assetto istituzionale della Repubblica in senso autoritario e accentratore?
NO, NO, NO e ancora NO, nella maniera più assoluta.

Le rappresentanze popolari devono essere proporzionalmente rappresentate in Parlamento e devono discutere, dialogare, confrontarsi, dibattere e accordarsi fra loro, senza che nessuna possa prevalere unilateralmente sulle altre.
I cittadini italiani, inoltre, devono poter eleggere direttamente e liberamente i singoli Parlamentari (tramite il meccanismo delle preferenze), cosicché questi ultimi debbano rispondere esclusivamente al popolo delle proprie azioni.

PS: Per comprendere empiricamente i rischi del sistema elettorale maggioritario, invito a consultare il portale storico del Senato al seguente indirizzo: Link

PPS: In riferimento al punto precedente, occorre menzionare il fatto che la cosiddetta Legge Acerbo, nonostante tutte le sue negatività, prevedesse le preferenze nella maniera più piena, mentre il cd. Italicum relega tale strumento ad un ruolo marginale, dando precedenza nell'assegnazione dei seggi ai capilista bloccati.

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