sabato 10 marzo 2018

Commercio statalizzato

In data 14 febbraio 2018, con Delibera di Giunta 17/2018, il nostro Comune ha aderito al "Protocollo di intesa per la formazione delle attività commerciali e lo sviluppo del terziario 4.0".
Come scritto all'interno del documento, il quale proposto dall'Unione Commercianti di Piacenza, l'obiettivo dei Comuni deve essere quello di ".. promuovere e favorire forme di intervento per la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione, la qualificazione e la specializzazione professionale di tutte le categorie e i profili professionali che operano sui territori, favorendo così lo sviluppo del territorio stesso."
Altra cosa importante è che l'approvazione di tale protocollo ".. consente all'Unione Commercianti di partecipare ai bandi per il reperimento di fondi finalizzati all'erogazione gratuita di percorsi formativi."

Premettendo il mio profondo rispetto per l'Unione dei Commercianti di Piacenza, un pò mi stupisce vedere questa organizzazione effettuare una simile proposta agli enti locali della provincia.
Innanzitutto, non reputo che la promozione del commercio possa attuarsi con quella che comunemente è chiamata "formazione (o aggiornamento)".
Ciò perché non credo esista una singola categoria di attori economici che, per effetto della semplice logica del mercato, non sia in continua evoluzione e specializzazione: dal venditore di abbigliamento che ogni stagione rileva le tendenze del settore per esporre i capi più domandati, al panettiere che elabora nuovi metodi di preparazione del pane per eliminare la maggior quantità possibile di componenti nocive, all'alimentarista che cerca di orientare gli scaffali ai beni maggiormente consumati in un determinato periodo, ecc.
Occorrerebbe poi anche discutere dell'utilità di proporre corsi di lingua inglese a operatori che si muovono in via praticamente esclusiva nell'ambito locale (l'ortolano di Ponte Dell'Olio non vende frutta e verdura in Francia o Austria), così come lezioni di cultura informatica a chi non ne ha concretamente bisogno (al macellaio l'ultima cosa che serve è un computer).
Guardando ad un livello superiore, le piccole o grandi imprese che operano con l'estero hanno già al proprio interno le risorse tecniche e linguistiche per muoversi in quel tipo di mercato.
Se così non fosse, e se le medesime aziende non fossero in costante progressione professionale, semplicemente non potrebbero reggere la concorrenza e, probabilmente, cesserebbero l'attività nel giro di poco tempo.
Venendo poi all'altro aspetto importante del nostro discorso, senza ovviamente perdere il legame con quanto appena detto, occorre constatare quella che ritengo essere l'ennesima invasione degli spazi di iniziativa privata da parte delle istituzioni statuali.
Appurato che, in un qualsiasi mercato, la competizione tra produttori di beni/prestatori di servizi volta a soddisfare i bisogni del singolo consumatore è di per sé un fondamentale fattore di dinamismo, possiamo allora dedurre che, stante il perseguimento del proprio interesse economico (la generazione di reddito), ciascun produttore o prestatore tenda spontaneamente ad un'azione auto-perfezionatrice.
Detto ciò, e scendendo più terra terra, in cosa si potrebbe dunque tradurre tale intervento pubblico, se non in quello che ritengo essere un impiego di risorse economiche e umane assolutamente improduttivo (finanziato coi nostri tributi)?
Purtroppo, si ha sempre l'impressione che i privati cittadini costituiscano agli occhi dello Stato una massa informe e priva di ragione, ovvero bisognosa di essere plasmata, indirizzata e guidata verso gli obiettivi fissati di volta in volta da deliberazioni o decretazioni della classe dirigente.
Vi è sfortunatamente ancora un rilevante numero di persone e rappresentanti politici che, chiuso nelle proprie pulsioni ideologiche dirigiste, rifiuta l'idea di una società composta da libere individualità, sostituendo il tutto con l'onnipresenza del settore pubblico.
Per quanto mi riguarda, fatte salve la tutela della concorrenza, la protezione dalla frode e la garanzia della libertà di business (oltre alla repressione di altri tipi di illeciti direttamente o indirettamente collegati, tipo lo sfruttamento), ogni altro intervento statale nel campo commerciale dovrebbe essere evitato.

Concludo con le parole di Thomas Jefferson (nell'immagine sotto), facilmente adattabili alla questione in esame.


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